Daniel Berger, consigliere del ministro Bondi, fa il punto sulla Venere di Morgantina e sull'Apollo Sauroktonosdi Cleveland

L'Atleta Vincitore attribuito a Lisippo è soltanto l'ultimo dei nostri beni artistici tornato al centro della ribalta in materia di restituzioni. Ma la contesa fra le due sponde dell'atlantico è annosa. Se per La Venere di Morgantina l'annunciato ritorno è previsto per l'inizio del 2012, con la scultura che tornerà in Sicilia, per la Biga di Monteleone le speranze sono finite: il reperto è infatti uscito dal territorio italiano nel 1903, prima dell'entrata in vigore della legge sul patrimonio archeologico che è del 1909. In più, come ci spiega Daniel Berger, il consigliere del ministro Sandro Bondi che ha fatto parte della squadra che negli anni si è occupata dei recuperi, "la stessa Avvocatura dello stato ha detto che non c'era base legale per chiedere la restituzione". E ancora "il Ministero - spiega Berger - usa le linee guida dell'Unesco secondo le quali qualsiasi oggetto acquisito dopo il 1970 deve avere chiara provenienza". E comunque "al primo posto negli intenti del ministero c'è la sensibilizzazione sull'incauto acquisto; una linea che ha portato a una vera rivoluzione nella sensibilità di acquisizione da parte dei musei americani".

"Resta invece aperta - spiega lo storico dell'arte - la vicenda dell'Apollo Sauroktonos attribuito a Prassitele del Museo di Cliveland, museo che ha in restauro le sue collezioni e con il quale è stato istituito un Comitato di studio che sta valutando la vicenda del marmo a livello paritetico". E comunque "dal momento che il Ministero - prosegue Berger - in contraccambio "non ha mandato prestiti da poco, ma un grande cratere e un bellissimo vaso muliebre al Metropolitan, la Chimera di Arezzo al Getty, tutti questi prestiti hanno felicemente sorpreso gli americani per la generosità da noi dimostrata, il che li rende bendisposti".

Intanto, sul fronte della cronaca, dopo l'ordinanza del gip di Pesaro che ha disposto la confisca della statua dell'Atleta di Lisippo di proprietà del Museo Getty, sono due le procedure percorribili per il ritorno del bronzo in Italia. Una rogatoria internazionale per la richiesta di confisca, che il pm Silvia Cecchi inoltrerà la settimana prossima al ministero della Giustizia; e un'azione civilista che lo Stato italiano può intentare nei confronti della California, costituendosi «parte attrice» attraverso l'Avvocatura dello Stato. L'ordinanza del gip Lorena Mussoni ha infatti ribadito che la statua è un bene «patrimonio indisponibile dello Stato italiano, e dunque extracommercium», e che la sua provenienza illecita, frutto del reato (ancorché estinto) di esportazione clandestina, è sufficientemente provata.

La Fondazione Getty ha già annunciato che farà appello in Cassazione contro l'ordinanza, ma secondo il sostituto procuratore Cecchi il ricorso per Cassazione "non è sospensivo" della rogatoria né dell'azione civilistica, essendo la confisca "una misura di sicurezza immediatamente esecutiva". Certo non è facile prevedere l'esito del braccio di ferro con gli Stati Uniti: Italia e Stati Uniti non sono vincolati da un patto bilaterale che obblighi il Getty alla restituzione del bene (come invece avviene fra tutti i Paesi Ue), e anche se la rogatoria citerà l'art. 18 della Convenzione Italia-Usa del 2001, l'autorità giudiziaria californiana potrebbe non dar corso alla richiesta. O rinviarne l'esecuzione all'esito del provvedimento della Cassazione.

Sul versante dell'azione civile da parte dello Stato è possibile che sorga un nuovo contenzioso con gli Stati Uniti su quale diritto sia correttamente applicabile: se il diritto internazionale o quello italiano. Ma a Pesaro sono convinti che essendo il bronzo un bene non usucapibile, e poiché l'Italia ha già formalizzato una richiesta che ne interrompe l'acquisizione usucapione, il Lisippo debba, comunque, rientrare in patria. Forse, a mettere la parola fine alla vicenda, potrebbe essere una trattativa diplomatica fra i due Stati.

 

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